Definizione di antropologia culturale
[...] Il termine “antropologia” (dal latino anthropologia, traduzione del greco) è molto antico ed è stato utilizzato con diversi significati. In una prima fase, l’antropologia è un settore della filosofia e significa, genericamente, studio sull'uomo, condotto secondo il metodo deduttivo.
Dalla fine del XVIII secolo, in epoca illuminista, si parla di antropologia sia per definire lo studio dell’uomo in quanto appartenente alla specie animale (D. Diderot ne L’Encyclopedie del 1751 e F. Blumenbach nel 1795 la considerano però scienza naturale), sia per riferirsi in specifico al comportamento culturale. Nel 1788 A. C. De Chavannes, teologo svizzero, pubblica il volume Anthropologie ou science général de l’Homme, nello stesso anno E. Kant, nella sua opera L’antropologia da punto di vista pragmatico, si interroga sulla possibilità degli studi sul campo, condotti in aree non europee si inserisce il termine etnologia intesa come la scienza dei popoli privi di scrittura. Etnografia, infine, era intesa nell’Ottocento la scienza che raccoglieva e ordinava il materiale delle popolazioni definite “a livello etnologico” cioè con una tecnologia semplice e assenza di scrittura, ma senza interpretarlo (mentre l’etnologia interpreta). oggi, tuttavia, una corrente dell’antropologia culturale torna a parlare di etnografia, intendendo un resoconto “obiettivo” delle culture diverse da quella occidentale.
A seconda degli orientamenti degli studiosi, quindi, si distinguono nel XIX secolo tre diverse definizioni: etnologia, antropologia culturale (negli Stati Uniti, dove gli studiosi pongono l’accento sul concetto di cultura) antropologia sociale (in special modo dell’Inghilterra, i cui studiosi sono interessati alle relazioni che si costituiscono nei gruppi sociali). La scuola antropologica britannica proporrà la distinzione tra antropologia (intesa come scienza nomotetica che cerca generalizzazioni), etnologia (intesa come disciplina storica e comparativa), etnografia (scienza descrittiva che si serve dell'osservazione partecipante). Diversa la scelta della scuola francese che usa il termine “antropologia” nel significato generale di “scienza sociale e culturale dell'uomo”.
Nata come scienza dedita all’analisi delle culture extra-europee, l’etno-antropologia si è subito incontrata con la corrente di studi sulla produzione culturale popolare, definita demologia (scienza che si occupa specificamente delle tradizioni popolari).
Seguendo i cambiamenti dei popoli e delle culture (in particolare le trasformazioni culturali subite dai popoli definite “primitivi” e delle società occidentali) gli antropologi sono oggi spinti a dedicarsi a studi sulle società contemporanee oppure ad individuare i processi di acculturazione nelle culture non occidentali.
A sua volta l’antropologia culturale si può distinguere in tante sotto-discipline a seconda dell'oggetto che tratta. Esiste quindi un'antropologia politica, un'antropologia economica, un'antropologia urbana, un'antropologia religiosa, un'antropologia demografica...
Qual è l'interesse degli studi etno-antropologici?
A) un interesse teorico. L’antropologia aiuta a comprendere la “natura umana” nelle sue manifestazioni. Rispetto alla filosofia, che cerca di individuare la natura umana con un procedimento deduttivo, l’antropologia, utilizzando il “laboratorio naturale” dei popoli (come dichiarava Margaret Mead) cerca di applicare un metodo induttivo, a partire dalle manifestazioni delle diverse culture.
B) un interesse pratico. In un mondo che diventa sempre più stretto, il problema del rapporto tra i gruppi che hanno tradizioni diverse, è impellente. Infatti, una volta stabilito il principio morale dell’uguaglianza degli uomini, occorre a questo far corrispondere il diritto alla differenza culturale. L’antropologia può aiutare, soprattutto nelle sue specializzazioni odierne, di tipo politico e giuridico, a cogliere i valori insiti nelle diverse culture umane e a stabilire principi adeguati di convivenza.
C) un interesse applicato. Lo studio antropologico offre i suoi risultati e gli approfondimenti concettuali a tutti coloro che lavorano in settori sociali, in vista di una soluzione intelligente di quei problemi. Sempre di più, infatti, ci si rende conto della necessità di applicare corretti procedimenti nell'intervento con persone di altra cultura.
Anna Paltrinieri Casella, Lineamenti essenziali di storia dell'antropologia culturale, 2000, Milano, Pubblicazioni dell'I.S.U. Università Cattolica, pag. 5-7.
Dalla fine del XVIII secolo, in epoca illuminista, si parla di antropologia sia per definire lo studio dell’uomo in quanto appartenente alla specie animale (D. Diderot ne L’Encyclopedie del 1751 e F. Blumenbach nel 1795 la considerano però scienza naturale), sia per riferirsi in specifico al comportamento culturale. Nel 1788 A. C. De Chavannes, teologo svizzero, pubblica il volume Anthropologie ou science général de l’Homme, nello stesso anno E. Kant, nella sua opera L’antropologia da punto di vista pragmatico, si interroga sulla possibilità degli studi sul campo, condotti in aree non europee si inserisce il termine etnologia intesa come la scienza dei popoli privi di scrittura. Etnografia, infine, era intesa nell’Ottocento la scienza che raccoglieva e ordinava il materiale delle popolazioni definite “a livello etnologico” cioè con una tecnologia semplice e assenza di scrittura, ma senza interpretarlo (mentre l’etnologia interpreta). oggi, tuttavia, una corrente dell’antropologia culturale torna a parlare di etnografia, intendendo un resoconto “obiettivo” delle culture diverse da quella occidentale.
A seconda degli orientamenti degli studiosi, quindi, si distinguono nel XIX secolo tre diverse definizioni: etnologia, antropologia culturale (negli Stati Uniti, dove gli studiosi pongono l’accento sul concetto di cultura) antropologia sociale (in special modo dell’Inghilterra, i cui studiosi sono interessati alle relazioni che si costituiscono nei gruppi sociali). La scuola antropologica britannica proporrà la distinzione tra antropologia (intesa come scienza nomotetica che cerca generalizzazioni), etnologia (intesa come disciplina storica e comparativa), etnografia (scienza descrittiva che si serve dell'osservazione partecipante). Diversa la scelta della scuola francese che usa il termine “antropologia” nel significato generale di “scienza sociale e culturale dell'uomo”.
Nata come scienza dedita all’analisi delle culture extra-europee, l’etno-antropologia si è subito incontrata con la corrente di studi sulla produzione culturale popolare, definita demologia (scienza che si occupa specificamente delle tradizioni popolari).
Seguendo i cambiamenti dei popoli e delle culture (in particolare le trasformazioni culturali subite dai popoli definite “primitivi” e delle società occidentali) gli antropologi sono oggi spinti a dedicarsi a studi sulle società contemporanee oppure ad individuare i processi di acculturazione nelle culture non occidentali.
A sua volta l’antropologia culturale si può distinguere in tante sotto-discipline a seconda dell'oggetto che tratta. Esiste quindi un'antropologia politica, un'antropologia economica, un'antropologia urbana, un'antropologia religiosa, un'antropologia demografica...
Qual è l'interesse degli studi etno-antropologici?
A) un interesse teorico. L’antropologia aiuta a comprendere la “natura umana” nelle sue manifestazioni. Rispetto alla filosofia, che cerca di individuare la natura umana con un procedimento deduttivo, l’antropologia, utilizzando il “laboratorio naturale” dei popoli (come dichiarava Margaret Mead) cerca di applicare un metodo induttivo, a partire dalle manifestazioni delle diverse culture.
B) un interesse pratico. In un mondo che diventa sempre più stretto, il problema del rapporto tra i gruppi che hanno tradizioni diverse, è impellente. Infatti, una volta stabilito il principio morale dell’uguaglianza degli uomini, occorre a questo far corrispondere il diritto alla differenza culturale. L’antropologia può aiutare, soprattutto nelle sue specializzazioni odierne, di tipo politico e giuridico, a cogliere i valori insiti nelle diverse culture umane e a stabilire principi adeguati di convivenza.
C) un interesse applicato. Lo studio antropologico offre i suoi risultati e gli approfondimenti concettuali a tutti coloro che lavorano in settori sociali, in vista di una soluzione intelligente di quei problemi. Sempre di più, infatti, ci si rende conto della necessità di applicare corretti procedimenti nell'intervento con persone di altra cultura.
Anna Paltrinieri Casella, Lineamenti essenziali di storia dell'antropologia culturale, 2000, Milano, Pubblicazioni dell'I.S.U. Università Cattolica, pag. 5-7.
Le prospettive antropologiche
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