La formazione categoria cardine della pedagogia
Che cos'è la formazione
[…] Aiutare qualcuno a formarsi significa fargli assumere una forma che è propria dell’uomo in quanto uomo, che appartiene alla sua destinazione originaria di uomo. Così, e proprio dell’uomo, per esempio essere capace di linguaggio, di essere aperto al mondo e agli altri uomini, quindi capace di interagire e comunicare con gli altri, anche nell’affettività, che è la dimensione del patico, cioè del vissuto e del sentire, dimensione originaria da cui si origina anche il cognitivo, è nella destinazione originaria dell’uomo e l’anaffettività, tipica per esempio di certe psicosi gravi, è una mancata esistenza, per dirla con Binswanger, è il segno di una formazione che ha fatto naufragio; ed è anche nella destinazione originaria dell’uomo di essere, insieme, assai simile agli altri uomini, tanto che è possibile comunicare e intendersi, ma anche irriducibilmente differente, unico, irripetibile.
L’altro livello riguarda la forma che è propria di ciascun uomo, di quel determinato uomo, e se nella distinzione originaria dell’uomo vi è il fatto di essere diverso da ogni altro uomo, la formazione può dirsi compiuta in modo corretto se e solo se è stata salvaguardata e tutelata la diversità e unicità di quel determinato soggetto. È evidente che questo secondo livello pone al formatore problemi enormi di conciliazione tra il carattere progettuale dell’intervento formativo e l’esigenza di saper cogliere, interpretare, i segni, i profili, di quello che Heidegger definisce il progetto, la capacità progettante, di ciascun esistente, il modo unico di ciascun uomo di trasmutare in forma le esperienze, di prendere forma e di dar forma al mondo, e di saperlo cogliere e interpretare mentre è in atto di farsi e di costituirsi. Ciò che pone da subito il problema di un approccio ai problemi della formazione dell’uomo che sia anche ermeneutico.
Un altro dato certo è che nella formazione dell’uomo sono implicate tutta una serie di dimensioni della realtà, dal fisicochimico al biologico, al sociale e al culturale allo psichico, fino ad arrivare all’emozionale, all’affettivo, all’esistenziale. La formazione in senso pedagogico deve tener conto di tutte queste dimensioni e livelli perché riguarda l’uomo nella sua integrità e la pedagogia deve essere molto attenta ad evitare riduzionismi cioè ogni pretesa di ridurre una realtà estremamente complessa e articolata in livelli non gerarchizzabili a un aspetto, sia pure molto importante. Tutte la altre scienze dell’uomo possono in qualche modo permettersi di sezionare l’uomo a scopi conoscitivi, di rompere l’unità originaria prendendo in considerazione un aspetto e una dimensione dell’uomo. Alla pedagogia questo non è consentito, pena la sua dissoluzione come disciplina dotata di una specificità perché il suo oggetto è una pratica di intervento sull’uomo, volto a formarlo nella sua totalità, cioè a far sì che esso abbia una forma, la sua forma, che è l’elemento unificatore e regolatore, che struttura e crea ordine.
Rita Fadda, Che cos’è la formazione. Linee orientative provvisorie per interpretare il cammino verso questa categoria, in: Nel conflitto delle emozioni, a cura di Franco Cambi, 1998, pag. 67-68.
L’altro livello riguarda la forma che è propria di ciascun uomo, di quel determinato uomo, e se nella distinzione originaria dell’uomo vi è il fatto di essere diverso da ogni altro uomo, la formazione può dirsi compiuta in modo corretto se e solo se è stata salvaguardata e tutelata la diversità e unicità di quel determinato soggetto. È evidente che questo secondo livello pone al formatore problemi enormi di conciliazione tra il carattere progettuale dell’intervento formativo e l’esigenza di saper cogliere, interpretare, i segni, i profili, di quello che Heidegger definisce il progetto, la capacità progettante, di ciascun esistente, il modo unico di ciascun uomo di trasmutare in forma le esperienze, di prendere forma e di dar forma al mondo, e di saperlo cogliere e interpretare mentre è in atto di farsi e di costituirsi. Ciò che pone da subito il problema di un approccio ai problemi della formazione dell’uomo che sia anche ermeneutico.
Un altro dato certo è che nella formazione dell’uomo sono implicate tutta una serie di dimensioni della realtà, dal fisicochimico al biologico, al sociale e al culturale allo psichico, fino ad arrivare all’emozionale, all’affettivo, all’esistenziale. La formazione in senso pedagogico deve tener conto di tutte queste dimensioni e livelli perché riguarda l’uomo nella sua integrità e la pedagogia deve essere molto attenta ad evitare riduzionismi cioè ogni pretesa di ridurre una realtà estremamente complessa e articolata in livelli non gerarchizzabili a un aspetto, sia pure molto importante. Tutte la altre scienze dell’uomo possono in qualche modo permettersi di sezionare l’uomo a scopi conoscitivi, di rompere l’unità originaria prendendo in considerazione un aspetto e una dimensione dell’uomo. Alla pedagogia questo non è consentito, pena la sua dissoluzione come disciplina dotata di una specificità perché il suo oggetto è una pratica di intervento sull’uomo, volto a formarlo nella sua totalità, cioè a far sì che esso abbia una forma, la sua forma, che è l’elemento unificatore e regolatore, che struttura e crea ordine.
Rita Fadda, Che cos’è la formazione. Linee orientative provvisorie per interpretare il cammino verso questa categoria, in: Nel conflitto delle emozioni, a cura di Franco Cambi, 1998, pag. 67-68.